LE MOLESTIE SESSUALI IN AMBITO LAVORATIVO - IL PROGETTO DELLA REGIONE LAZIO -ZERO MOLESTIE SUL LAVORO-
- by Segreteria ADGI
- 17 nov 2020
Premessa
Nell’ambito dell’ordinamento è fatto espressamente obbligo al datore di lavoro di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire non solo l’integrità fisica e morale dei lavoratori, ma anche la dignità di ogni persona ed ovviamente della donna. Ciò implica che devono essere favorite e tutelate relazioni interpersonali basate sul principio di eguaglianza e parità, nonché reciproca correttezza.
La libertà dalle molestie, e dalle molestie sessuali in particolare, rappresenta dunque un aspetto della libertà della donna irrinunciabile. E’ infatti la precondizione per garantire sia pieno sviluppo e realizzazione della sua persona, sia l’effettiva e piena partecipazione delle donne in tutte le compagini sociali ivi comprese quelle lavorative.
Le molestie sessuali, poste in essere dal datore di lavoro o dai suoi stretti collaboratori nei confronti dei lavoratori soggetti al rispettivo potere gerarchico, costituiscono pertanto uno dei comportamenti più detestabili fra quelli che possono ledere la personalità morale e la dignità delle lavoratrici.
La protezione contro le molestie è conseguentemente uno strumento di emancipazione delle donne per impedire che le stesse accettino pur di lavorare qualsiasi condizione e, quindi, per garantire il rispetto della dignità della persona e della sua libertà.
Cenni normativi
Nel nostro Paese la centralità del lavoro e dei lavoratori emerge innanzi tutto dalla nostra Costituzione: dall’articolo 1 “ l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; dall’articolo 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni; dall’articolo 36 che afferma il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente; dagli artt. 37 e 3 che riconoscono alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore uomo.
Gli interventi in materia di protezione dalla discriminazione sui luoghi di lavoro, disegnano un quadro coerente con i principi della nostra Costituzione.
Nelle Legislazione Comunitaria figurano, tra l’altro, le seguenti Direttive : Direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; la Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; la Direttiva 2002/73/CE del 23 settembre 2002 che modifica la Direttiva 76/207/CRR relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione, alla promozione professionale e le condizioni di lavoro; la Direttiva 89/391/CEE concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; ecc. Nonché l’Accordo Quadro sulle molestie e violenza nei luoghi di lavoro delle parti sociali europee del 26 aprile 2007.
Da ultimo si segnala che nella Conferenza generale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro riunitasi il 10 giugno 2019 sono state adottate la "Convenzione sulla violenza e sulle molestie 2019" e, ad integrazione della citata Convenzione, la "Raccomandazione sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro" . In esse viene ribadito, tra l'altro, che gli Stati Membri dovrebbero specificare nella legislazione che "la violenza e le molestie non saranno tollerate", "istituire programmi di prevenzione della violenza e delle molestie, che, a seconda dei casi, prevedano obiettivi misurabili", "specificare i diritti e le responsabilità dei lavoratori e del datore di lavoro" e che nella valutazione dei rischio sul luogo di lavoro "un'attenzione particolare dovrebbe essere prestata ai pericoli e ai rischi che a) siano conseguenza delle condizioni e delle modalità di lavoro, dell'organizzazione del lavoro e della gestione delle risorse umane, a seconda dei casi;b) riguardino soggetti terzi, quali clienti, fornitori di servizi, utenti, pazienti e pubblico;c) siano conseguenza della discriminazione, dell'abuso dei rapporti di potere e delle norme culturali, sociali e di quelle relative al genere che favoriscono la violenza e le molestie". Inoltre, che " i Membri dovrebbero finanziare, sviluppare, attuare e diffondere, a seconda dei casi: a) programmi che intervengano sui fattori che aumentano la probabilità della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, inclusi la discriminazione, l'abuso dei rapporti di potere e le norme di genere, quelle culturali e sociali che favoriscono la violenza e le molestie; b) linee guida e programmi di formazione che tengano conto della prospettiva di genere e che supportino i giudici, gli ispettori del lavoro, gli agenti di polizia, i pubblici ministeri e altri funzionari pubblici nell'adempimento del proprio mandato in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro, oltre a supportare i datori di lavoro del settore pubblico e privato, i lavoratori e le rispettive organizzazioni nella prevenzione e negli interventi relativi alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro; c) modelli di codici di condotta e di strumenti di valutazione del rischio in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro, di natura generale e specifici per settore, che tengano conto delle situazioni specifiche dei lavoratori e di altri soggetti appartenenti ai gruppi più vulnerabili".
L' articolo 2087 del Codice civile prevede un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all'imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per assicurare l’integrità psico fisica e la personalità morale del lavoratore. E, quindi, in applicazione del più generale principio del neminem ledere, l'Azienda è obbligata non solo al rispetto della normativa speciale rivolta a prevenire tecnopatie relative a ben precise situazioni di rischio, ma ad operare in base al criterio della massima sicurezza fattibile del caso concreto, per prevenire qualsiasi rischio inerente all'attività lavorativa inerente all'ambiente di lavoro e impedire il reiterarsi di comportamenti illeciti. Trattasi di una norma aperta che obbliga l'imprenditore ad adottare tutte le misure, anche non tipizzate dal legislatore.
Il D.Lgs. 81/2008 - Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - all'articolo 28, ha collocato, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli ‘riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui (...) quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza (…), nonché quelli connessi alle differenze di genere’”.
Il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. codice delle pari opportunità tra uomo e donna) individua le molestie sessuali in ‘ comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo’; all’articolo 26 le equipara alle discriminazioni di genere; sull’onere della prova ,all’art. 40 prevede che “ quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione”; come misura di prevenzione delle discriminazioni all’art. 50 bis prevede “ I contratti collettivi possono prevedere misure specifiche, ivi compresi codici di condotta, linee guida e buone prassi, per prevenire tutte le forme di discriminazione sessuale e, in particolare, le molestie e le molestie sessuali nel luogo di lavoro, nelle condizioni di lavoro, nonché nella formazione e nella crescita professionale”; come provvedimento avverso le discriminazioni l’art.38 prevede che su ricorso dei soggetti legittimati il Tribunale competente “ nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistere la discriminazione di cui al ricorso, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all’autore del comportamento denunciato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti” e che l’inottemperanza del decreto o della sentenza che definisce il giudizio di eventuale opposizione è punita con l’ammenda fino a 50.000 euro o l’arresto fino a sei mesi e l’art. 41 prevede che ogni accertamento di discriminazione può comportare la revoca e l’esclusione di qualsiasi beneficio concesso ( agevolazioni finanziarie, creditizie, appalti, ecc).
La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) ha modificato l'articolo 26, inserendovi due nuovi commi”.
La prima nuova disposizione (comma 3-bis) “prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda. Si prevede che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere: sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante”.
Questa tutela non è garantita “nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia”. E relativamente alla distinzione tra le ipotesi della «calunnia» e quella della «infondatezza della denuncia» si rileva “come la calunnia scatti solo in caso di malafede, ossia nel caso in cui chi agisce ben conosce l’altrui innocenza; l’infondatezza invece sembra voler richiamare le ipotesi di assenza totale di condizioni che rendano credibile la denuncia stessa”.
Il nuovo comma 3-ter dell'articolo 26 del codice delle pari opportunità precisa come obbligo del datore di lavoro, ai sensi del ricordato articolo 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Aggiunge, inoltre, che le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza”.
Quando al diritto penale, la fattispecie non è stata tipizzata e normalmente la condotta illecita viene ricondotta al reato di violenza privata o, se particolarmente grave, ai reati di violenza sessuale, maltrattamenti o stalking.
Considerazioni
Non c’è dubbio che il rispetto reciproco della dignità a tutti i livelli sul luogo di lavoro è una delle caratteristiche principali delle organizzazioni di successo.
Il silenzio delle vittime e il senso di vergogna e di colpa che accompagna il silenzio sono tra i principali “nemici” della lotta alle molestie. L’atteggiamento dei colleghi, l’empatia, la comprensione, il senso di rispetto, la serietà con cui si affronta il tema delle molestie e la fiducia che i superiori possono ingenerare costituiscono un valido antidoto al silenzio.
Parimenti è interesse tanto del datore di lavoro, quanto dei lavoratori affrontare la questione, che può comportare gravi conseguenze sociali ed economiche .
Occorre sensibilizzare maggiormente i datori di lavoro, i lavoratori e i loro rappresentanti sulle molesie e sulla violenza sui luoghi di lavoro fornendo loro un quadro di azioni concrete per prevenire e gestire le situazioni di molestie e di violenza sul luogo di lavoro.
I codici etici o di comportamento sono sempre raccomandati; essi prevedono la dichiarazione dell’intento di contrastare tali fenomeni, la loro definizione, la definizione della procedura informale e formale per il contrasto, la definizione del ruolo del/della consigliere/a di fiducia, fino anche all’eventuale rinvio alla procedura disciplinare adottata contro il soggetto risultato responsabile.
L'attenzione sulle molestie sul lavoro si è accesa a livello nazionale e internazionale ma restano difficoltà a definire il fenomeno così come a convincere le vittime a denunciare.
Tra gli imprenditori, purtroppo, vi è resistenza a mettere nero su bianco cosa e' una molestie.
Fondamentali sono i tavoli tecnici con le figure competenti e lo sviluppo di cultura di genere nel rispetto delle relazioni uomo-donna.
La violenza di genere si combatte però anche aumentando il numero delle donne presenti nelle “stanze dei bottoni”; perché a contribuire in numero rilevante alle scelte di politica legislativa, sarebbero le prime portatrici dell’interesse che si andrebbe a tutelare e si avrebbe un forte ausilio nel processo verso l’abbattimento delle barriere invisibili, ma più dure a cadere, che sono quelle culturali.
L’esperienza della Regione Lazio : il Progetto “Zero Molestie sul Lavoro"
Secondo i dati Istat 2017, il 16,4% delle donne nel Lazio ha subito molestie sul luogo di lavoro, una cifra imponente se si paragona alla media nazionale dell’8,9%.
Per dare spazio ai diritti emancipativi, nella Regione Lazio è stato siglato a Roma il protocollo d’intesa tra il presidente di Confcommercio Lazio Giovanni e le consigliere di parità regionali con l’obiettivo di consolidare modelli di comunicazione ispirati al rispetto della dignità delle donne, al fine di prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione fondata sul sesso. Soprattutto nel mondo del lavoro. Una fattiva collaborazione con le figure istituzionali che sarà in grado di fornire nei prossimi quattro anni un’ adeguata informazione sugli adempimenti necessari in chiave di pari opportunità.
Si partirà dalla redazione del rapporto biennale sul personale per aziende operanti sul territorio regionale e aventi meno di 100 dipendenti . Verrà poi istituito un osservatorio di genere del mercato del lavoro e saranno promossi incontri periodici formativi per approfondire la relazione tra questi temi, la produttività e il benessere delle imprese.
Possono partecipare tutte le piccole e medie imprese iscritte presso la Camera di Commercio di Roma.
Il Progetto consentirà alle imprese di prendere parte ad un percorso interattivo per l’individuazione e la costruzione di buone pratiche per prevenire molestie di qualsiasi tipo e per promuovere il benessere all’interno dell’organizzazione: realizzando un luogo di lavoro efficiente e coeso per tutti i dipendenti e un ambiente lavorativo positivo più efficiente e produttivo; incrementando la motivazione del personale e la produttività aziendale; riducendo la conflittualità, l’interruzione di attività lavorativa e delle controversie legali che un condotta non virtuosa comporterebbe; migliorando la reputazione aziendale nella business community e rafforzando la propria credibilità verso gli stakeholder.
Il progetto “Zero molestie” è in linea con l’agenda Onu 2020; è un percorso rivolto alle piccole o medie imprese, al termine del quale alle stesse verrà rilasciato un bollino di certificazione “il bollino “Zero Molestie”, validato da Uniter (ente di Certificazione indipendente accreditato) e saranno promosse nel modo più ampio da Confcommercio Roma. Il bollino “Molestie Free” sarà preceduto da un foglio rosa, che verrà sostituito dalla certificazione vera e propria, di durata biennale, solo dopo aver effettivamente verificato le buone pratiche assunte dall’azienda.
Partecipano al progetto le nostre stimate associate ADGI della Sezione di Roma, avv. Caterina Flick, avv Luciana Delfini e Notaio Mariagrazia Russo , quali componenti del consiglio direttivo di Terziario Donna Roma.
https://confcommercioroma.it/aperte-le-adesioni-al-percorso-gratuito-zero-molestie-sul-lavoro/
Raffaella de Camelis Chiara Tagliaferro